Io Sono Il Libanese by Giancarlo de Cataldo

Io Sono Il Libanese by Giancarlo de Cataldo

autore:Giancarlo de Cataldo [Cataldo, Giancarlo de]
La lingua: ita
Format: epub, azw3, mobi
Tags: Letteratura
ISBN: 9788806211097
Google: JQ7rzyEk2CQC
Amazon: 8806211099
Goodreads: 15735494
editore: Einaudi
pubblicato: 2012-07-01T00:00:00+00:00


XVI

Giada lo trovò addormentato sulla soglia: in una mano una bottiglia di champagne, l’altra posata su un mazzo di rose. Pensò di scavalcarlo, entrare in casa senza fare rumore, chiudersi la porta alle spalle e lasciarlo a macerare nel suo brodo. Ma dopotutto era tornato a cercarla, e la cosa, doveva ammetterlo, la inorgogliva. Così si chinò su di lui e avvicinò lentamente una mano al suo volto. Ma era come se il Libanese dormisse il sonno precario dei cani, perché bastò un alito, l’impercettibile spostamento d’aria, per fargli spalancare quegli occhi assassini.

– Giada… Si ritrovò senza rendersene conto sotto di lui, bocca contro bocca, il collo imprigionato in una stretta che sapeva di desiderio troppo a lungo trattenuto. Sulle prime si abbandonò, poi si sentì invadere da una rabbia fredda. E no, troppo facile così, vai, vieni, sparisci, ritorni, ma chi cazzo ti credi di essere? Prese a divincolarsi, gli ordinò di lasciarla andare, lo ingiuriò. Il Libanese mollò la presa, la sospinse delicatamente da un lato, si alzò.

– Scusami. Ma avevo così tanta voglia di vederti.

Giada armeggiò con la serratura, lasciò la porta socchiusa. Il Libanese lo prese per un invito, raccattò i fiori e la bottiglia e la seguì.

Appena entrato in casa, fu attratto da un grande quadro, una tela senza cornice posata contro una parete. Raffigurava la sagoma di un cavallo bianco su un prato verde. Intorno, un cielo assente fatto di nubi evanescenti.

– Te sei data alla pittura, Giada?

– Ti piace? È dell’Artista.

– E chi sarebbe, ’sto Artista?

– Un grande.

– Davvero?

– I suoi quadri valgono un sacco di soldi. Se vuoi, un giorno te lo presento.

– Il cavallo?

– Scemo. L’Artista. È un vero compagno, fra l’altro. Da’ qua, – aggiunse, strappandogli di mano la bottiglia. – È calda. Me la berrò un’altra volta.

– Pensavo che l’avremmo bevuta insieme… – Pensavi male. Non sono una macchinetta per i gettoni del telefono, Libano. Non sono a tua disposizione.

– Avevo bisogno di una boccata d’aria.

– Perché, con me ti sentivi soffocare?

– Ho sbagliato. Voglio ricominciare.

Fu l’unica volta, in quel nuovo incontro, in cui la vide sorridere. Sta’ a vedere che riesco a sciogliere il blocco di ghiaccio, si disse, e tornò alla carica. Mosse un passo verso di lei.

– Vieni qui… Il sorriso si fece smorfia sprezzante. Giada incrociò le braccia sul seno. Come a dire: strada sbarrata, Libanese.

– Ho capito, – mormorò lui, con tono mansueto, – te sei fidanzata.

– Fidanzata? Ma come parli? Nemmeno mia nonna… – Ah, già, se dice: «Ci ho una storia».

– Non ho nessuna storia! – protestò lei, poi si pentì di aver protestato. – E comunque non ti riguarda. E poi, scusa, da dove viene, ’sta brillante deduzione?

– Be’, è notte, a casa non ci sei, rientri così… – Così come?

– Così… così tardi. Uno che deve pensare?

– Oggi è giovedì. Il giovedì c’è il piccolo gruppo.

– E che è ’sto piccolo gruppo?

Giada, con un sospiro, glielo spiegò.

– Famme capi’: una volta a settimana vi riunite fra ragazze e parlate… –



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